,

Seminario e culto unitariano in Ruanda

di Jean Claude Barbier trad it: Giacomo Tessaro   Gesù Figlio dell’uomo secondo John Shelby Spong http://www.etudes-unitariennes.fr/article-jesus-le-fils-de-l-homme-selon-john-shelby-spong-125278733.html Comunicazione di Jean-Claude Barbier al seminario organizzato dalla Congregazione Unitariana del Ruanda, 15-21 dicembre a Kigali, secondo il programma di formazione della Chiesa Unitariana Francofona (EUfr). John Shelby Spong è vescovo emerito della diocesi di Newark, New Jersey,…

di Jean Claude Barbier

trad it: Giacomo Tessaro

 

Gesù Figlio dell’uomo secondo John Shelby Spong

http://www.etudes-unitariennes.fr/article-jesus-le-fils-de-l-homme-selon-john-shelby-spong-125278733.html

Comunicazione di Jean-Claude Barbier al seminario organizzato dalla Congregazione Unitariana del Ruanda, 15-21 dicembre a Kigali, secondo il programma di formazione della Chiesa Unitariana Francofona (EUfr).

John Shelby Spong è vescovo emerito della diocesi di Newark, New Jersey, della Chiesa Episcopaliana. Ha scritto “Jesus for the Non-Religious”, edito nel 2007 da HarperCollins.

“Figlio d’uomo, àlzati in piedi, io ti parlerò” (Ezechele 2:1). Dio si rivolge al suo profeta con l’espressione “ben adam”, che rammenta la differenza tra Dio (eterno, onnipresente, che possiede tutta la conoscenza e quindi anche quella del futuro) e l’essere umano nella sua finitezza e nei suoi limiti; tema classico dell’antichità fin dalle gesta di Gilgamesh nella letteratura babilonese. Ezechiele è il principale profeta del periodo dell’Esilio a Babilonia nel VI secolo a.C. ed era senza dubbio un membro molto importante dei “sacerdoti scrittori” che arricchirono la Torah raddoppiando la sua lunghezza (con i riti cultuali del Levitico e le numerose osservanze come le prescrizioni dello shabbat, gli alimenti kasher, la circoncisione dei neonati maschi) e contribuendo così a forgiare il popolo giudaico, mantenendolo distinto dagli altri popoli.

Dopo Ezechiele bisognerà attendere 400 anni perché un altro profeta, Daniele (II secolo a.C., circa 164-162), riutilizzi questa espressione, questa volta però in un senso del tutto diverso: un essere divino che si trova alla destra di Dio: “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo; egli giunse fino al vegliardo* e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto” (Daniele 7:13-14).

* “L’Antico di giorni” in altre traduzioni.

Non è possibile un’autentica liberazione attraverso una rivolta armata, ecco quindi la speranza dell’intervento di un messia celeste che verrà come agente di Dio e disporrà di poteri soprannaturali. Questo messia presiederà al Giudizio ultimo, a cui seguirà l’instaurazione del Regno di Dio sulla Terra per l’eternità. Viene predetta la caduta dei grandi regni dominatori, il cui potere è legato esclusivamente al bisogno di Dio di punire il suo popolo. Se il popolo eletto non peccherà più allora Dio lo perdonerà, tutto rientrerà nell’ordine consueto e il Signore ritirerà il suo sostegno ai grandi regni. “Il Figlio dell’uomo era divenuto un personaggio divino che possedeva dei poteri soprannaturali e che aveva ricevuto l’incarico di far venire la fine del mondo e di dirigere il giudizio e il regno eterno di Dio.” (John Shelby Spong)

Il Libro di Enoc (che secondo la Bibbia di Gerusalemme è, in parte, anteriore a Daniele) sviluppa questa visione del Figlio dell’Uomo a partire dall’ascensione del patriarca Enoc (o Enoch, o Enok), che invece di morire si è ritrovato con Dio (Genesi 5:21-24); non essendo morto (“Enoc camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese”, versetto 24), può ritornare sulla terra! Stessa cosa per Elia, scomparso tra le nubi con un carro di fuoco (II Re 2:11 e seguenti). Il Libro di Enoc è un apocrifo giudaico che non fu riconosciuto dai rabbini che redassero i Talmudim. L’epistola di Giuda ne contiene una eco (versetti 14 e 15), dimostrando così che i giudeo-cristiani lo leggevano.

Gesù si sarebbe dichiarato “Figlio dell’uomo” ai suoi discepoli dopo la partenza dalla Galilea e il racconto della Trasfigurazione (Matteo 17:10-13 con parallelo in Marco 9:11-13). Giovanni Battista è secondo lui Elia redivivo, e lui il Figlio dell’uomo. Di fronte al Sommo Sacerdote Gesù persevera nella sua affermazione (Marco 14:55-64 con paralleli in Matteo 26:59-66 e Luca 22:66-71). Secondo Giovanni, Gesù avrebbe invece affermato di essere “Figlio di Dio” (Giovanni 10,22-39, precisamente il versetto 36).

Da notare che l’espressione “Figlio dell’uomo” non è utilizzata da Paolo nelle sue epistole.

La resurrezione della figlia di Giairo: un metodo per leggere il Nuovo Testamento

http://www.etudes-unitariennes.fr/article-la-resurrection-de-la-fille-de-jaire-une-methode-pour-lire-le-nouveau-testament-125277849.html

Intervento di Jean-Claude Barbier al seminario di Kigali (15-21 dicembre 2014) organizzato dalla Congregazione Unitariana del Ruanda secondo il programma di formazione stabilito dalla Chiesa Unitariana Francofona (Eufr).

Secondo i vangeli sinottici (Matteo 9:18-19, 23-26; Marco 5:21-24, 35-43; Luca 8:40-42, 49-56) la resurrezione della figlia di Giairo conferma il potere straordinario di Gesù, proveniente direttamente da Dio; Gesù non solo guarisce ma resuscita i morti, un potere fino ad allora attribuito solamente a Dio, unico padrone dei nostri destini, della vita e della morte… e questo fin dall’inizio della sua predicazione in Galilea.

Per loro e per i credenti è una guarigione miracolosa, ma solo per questo dobbiamo gridare al miracolo? Capita infatti che una persona entri in coma, sia “come” morta… e talvolta si trova sepolta un po’ precipitosamente (in assenza dei nostri moderni stetoscopi!). Giairo dice a Gesù che sua figlia sta morendo e chi lo circonda ne conferma la morte: del resto, Giairo è venuto immediatamente ad avvertire il maestro. La questione rimane dunque aperta. A proposito di Lazzaro (Giovanni 11:1-46), l’evangelista si prende la briga di dirci che il corpo già puzzava, perché non rimangano dubbi sul fatto che Lazzaro era realmente morto (da quattro giorni, precisa Giovanni! Versetto 39).

Facciamo notare che Gesù, da buon terapeuta, fa uso del contatto fisico con la persona malata: nel nostro caso, Gesù prende la mano della ragazzina. Inoltre, nel racconto intercalato all’episodio, lungo il cammino Gesù viene toccato da una emorroissa (una donna afflitta da un flusso di sangue da 12 anni; tale termine si trova solamente nei vangeli e solamente in relazione a questa donna)… che guarisce a seguito del semplice contatto con la veste del maestro! Un’energia scaturisce dalla sua persona, che conforta e guarisce; ma è sufficiente per far uscire qualcuno da uno svenimento prolungato, da un principio di coma?

La ragione scarta con decisione i miracoli, ritenendoli una spiegazione irrazionale. Le fa eco, fin dal secolo dei Lumi, la critica al teismo provvidenziale: come potrebbe Dio, il grande architetto dell’universo (GADU), come dicono i massoni, il Dio creatore “orologiaio” di Voltaire, derogare alle leggi da lui stesso stabilite? Avremmo a che fare con un Dio estroso, capriccioso, incoerente, ingiusto e discriminante, che interviene a favore di alcuni e non di altri!

Tra la guarigione inspiegabile (constatata dai medici) e il miracolo proclamato dai credenti, il dibattito rischia di arenarsi, ma il vero senso del testo è, a un primo livello, l’affermazione del potere di Gesù? John Shelby Spong nel suo libro (Jesus for the Non-Religious, HarperCollins, 2007) ipotizza un secondo senso, più profondo: gli evangelisti sinottici si sarebbero ispirati a un racconto dell’Antico Testamento che narra la guarigione del figlio della Sunamita da parte del profeta Eliseo (2 Re 4:18-37, nel ciclo di Eliseo). Il parallelismo tra i due testi è sorprendente. Ecco le somiglianze:

– le famiglie dei due bambini morti fanno parte della classe dirigente: la Sunamita (una “donna ricca” del villaggio di Sunem) è abbastanza agiata perché lei e suo marito possano costruire una stanza al di sopra della terrazza della loro casa per poter ricevere il profeta quando passava da loro; Giairo invece è il capo di una sinagoga (Matteo non lo cita per nome e dice solamente che è “un capo”; 9:18);

Culto unitariano a Kigali di domenica 21 dicembre 2014

http://www.chretiens-unitariens.fr/article-culte-unitarien-a-kigali-le-dimanche-21-decembre-2014-125276941.html

Marco dà grande spazio alla Passione di Gesù e il suo libro è spesso chiamato “il vangelo della croce”. John Shelby Spong ne parla nel suo libro su Gesù (Jesus for the Non-Religious, HarperCollins, 2007). L’autore fa notare che il racconto di Marco è diviso in otto tempi di tre ore ciascuno: ne abbiamo ricavato otto atti di una liturgia drammatica. Inoltre, Spong precisa che gli evangelisti hanno scritto i loro testi ispirandosi costantemente ai testi messianici dell’Antico Testamento: abbiamo allora cominciato con quelli, in ordine cronologico.

Questa liturgia valorizza il talento dei giovani Africani per il teatro; in totale, non meno di quindici voci hanno animato il culto. Clément Uwayisaba, fondatore e presidente della Congregazione Unitariana del Ruanda, ha affidato l’animazione a chi ha tenuto il seminario, Jean-Claude Barbier, segretario generale dell’Assemblea Fraterna dei Cristiani Unitariani (AFCU), dopo l’accensione del calice ardente degli unitariani. Conformemente al seminario di formazione (dal 15 al 21 dicembre), di cui il culto è la chiusura, abbiamo fondato il culto sulla presentazione dei testi, avendo cura di citarli.

Care sorelle e cari fratelli in Gesù

in questo giorno di culto seguiamo la passione di Gesù, il nostro amato maestro spirituale, del quale seguiamo in maniera filiale gli insegnamenti che ha impartito in Galilea e in Giudea, di cui amiamo i gesti e il comportamento per come sono raccontati nei vangeli, colui che amava i suoi contemporanei, a cominciare dai piccoli, colui che ci raccomanda l’umiltà e il servizio per gli altri.

Seguiremo Gesù con l’evangelista Marco, che ci propone di leggere la sua Passione in otto tappe di tre ore ciascuna, ovvero un dramma in otto atti, e poi con gli autori dell’Antico Testamento, tra cui i salmisti dei Salmi 22 e 34 e il profeta dell’Esilio che viene chiamato il “Servo sofferente”, le cui profezie di speranza sono state consegnate ai capitoli 40-55 del libro di Isaia.

Conoscete l’avvenimento considerato fondativo dalle prime comunità cristiane:

Paolo: “Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all’aborto…” (Io sono Paolo di Tarso, ho scritto questa testimonianza verso l’anno 56 nella mia prima epistola ai Corinzi, capitolo 15, versetti 3-8).

Siamo a Gerusalemme, probabilmente il giovedì sera della Pasqua giudaica dell’anno 30. Siamo in una stanza al piano superiore, quella della casa abitata dal Discepolo che Gesù ama (il quale è, probabilmente, il futuro quarto evangelista di nome Giovanni, che dimorerà a Efeso dopo la caduta del tempio di Gerusalemme nel 70, del quale era sacerdote). Questa stanza al piano superiore servirà da primo luogo di riunione per i discepoli dopo la morte di Gesù ed è qui che avrà luogo la Pentecoste. Questo luogo è conosciuto nella tradizione cristiana come il “Cenacolo”.

Atto I – Pasto pasquale di Gesù e dei suoi discepoli nella stanza al piano superiore del Cenacolo (A partire dalle ore 18)

Marco – “Quando fu sera” (Io sono Marco, ho scritto questo al capitolo 14, versetto 17, del mio vangelo).

John Shelby Spong – “Nel mondo antico, in cui si viveva senza elettricità, questo significava “al calare del sole”, vale a dire verso le 18. In quanto ebreo, Marco sapeva che la durata normale del pasto di Pasqua era di tre ore e che si terminava con il canto di un inno” (Io sono John Shelby Spong, vescovo episcopaliano americano, e ho scritto questo nel mio libro su Gesù pubblicato nel 2007).

Marco – “Dopo che ebbero cantato l’inno, uscirono per andare al monte degli Ulivi” (Capitolo 14, versetto 26).

Atto II – Nell’uliveto di Getsemani (a partire dalle ore 21)

Il secondo Zaccaria – “«Insorgi, o spada, contro il mio pastore, contro l’uomo che mi è compagno!» dice il SIGNORE degli eserciti. «Colpisci il pastore e siano disperse le pecore! Io volgerò la mia mano sui piccoli»” (Io sono quello che viene chiamato “il secondo Zaccaria” perché le mie profezie sono state aggiunte a quelle di Zaccaria: questa è una delle mie profezie, consegnata al capitolo 13, versetto 7).

Gesù – “Voi tutti sarete scandalizzati perché è scritto: ‘Io percoterò il pastore e le pecore saranno disperse’” (Secondo Marco, capitolo 14, versetto 27). A Pietro, Giacomo e Giovanni: “Dormite pure, ormai, e riposatevi! Basta! L’ora è venuta” (Sempre secondo Marco, versetti 37-41).

Marco – “Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono” (Capitolo 14, versetto 50).

Atto III – Al palazzo di Caifa (a partire dalla mezzanotte)

Il Servo sofferente – “Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” (Capitolo 53 del libro di Isaia, versetti 4-7).

Marco – “Allora il sommo sacerdote, alzatosi in piedi nel mezzo, domandò a Gesù: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?» Ma egli tacque e non rispose nulla” (Capitolo 14, versetti 60-61).

Il sommo sacerdote – “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?” (Secondo Marco, capitolo 14, versetto 61).

Gesù – “Io sono; e vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo” (Secondo Marco, capitolo 14, versetto 62).

Paolo – “Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture” (Prima epistola ai Corinzi, capitolo 15, versetto 3).

Atto IV – Al palazzo di Caifa (A partire dalle ore 3)

John Shelby Spong – “In quella società, la sorveglianza notturna dalle 3 alle 6 del mattino era chiamata “il canto del gallo”. Qui, in questo intervallo del dramma, Marco inserisce il triplo rinnegamento di Pietro, che afferma di non conoscere Gesù” (Dal mio libro su Gesù).

Marco – “Allora Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detta: «Prima che il gallo abbia cantato due volte, tu mi rinnegherai tre volte»” (Capitolo 14, versetti 66-72).

Atto V – Da Ponzio Pilato, alla fortezza Antonia (A partire dalle ore 6)

Marco – “La mattina presto” (Capitolo 15, versetto 1). “… e lo condussero fuori per crocifiggerlo” (Capitolo 15, versetto 20).

Atto VI – Gesù crocifisso (A partire dalle ore 9)

Marco – “[I Romani] Costrinsero a portare la croce di lui un certo Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che passava di là, tornando dai campi. E condussero Gesù al luogo detto Golgota che, tradotto, vuol dire «luogo del teschio». Gli diedero da bere del vino mescolato con mirra; ma non ne prese” (Capitolo 15, versetti 21-23).

Il primo salmista – “Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica” (Io sono il salmista che ha scritto il salmo 22, attribuito al re Davide: questo è il versetto 18).

Giovanni – “I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato. Presero anche la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall’alto in basso. Dissero dunque tra di loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi»; affinché si adempisse la Scrittura che dice: «Hanno spartito fra loro le mie vesti, e hanno tirato a sorte la mia tunica»” (Io sono Giovanni e ho scritto il quarto vangelo, questi sono i versetti 23 e 24 del capitolo 19).

Il Servo sofferente – “È stato contato fra i malfattori” (Capitolo 53 del libro di Isaia, versetto 12). “Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi” (Capitolo 53, versetto 9).

Marco – “Con lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra” (Capitolo 15, versetto 27).

Matteo – “E nello stesso modo [dei passanti] lo insultavano anche i ladroni crocifissi con lui” (Capitolo 27, versetto 44).

Il Servo sofferente – “… e ha interceduto per i colpevoli” (Capitolo 53 del libro di Isaia, versetto 12).

Luca – “Gesù diceva [parlando dei soldati romani]: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno»” (Capitolo 23, versetto 34). “Uno dei malfattori appesi lo insultava… Ma l’altro lo rimproverava, dicendo: «Non hai nemmeno timor di Dio, tu che ti trovi nel medesimo supplizio? Per noi è giusto, perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi non ha fatto nulla di male». E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!» Ed egli gli disse: «Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso»” (Capitolo 23, versetti 39-43).

Atto VII – L’agonia (A partire da mezzogiorno)

Marco – “Venuta l’ora sesta, si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora nona” (Capitolo 15, versetto 33).

Il primo salmista – “Ma io sono un verme e non un uomo, l’infamia degli uomini, e il disprezzato dal popolo. Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: «Egli si affida al SIGNORE; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce!»” (Salmo 22, versetti 6-8).

Marco – “Quelli che passavano lì vicino lo insultavano, scotendo il capo e dicendo (in tono derisorio): «Eh, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso e scendi giù dalla croce!» Allo stesso modo anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano l’uno all’altro: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso. Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!»” (Capitolo 15, versetti 29-32).

I passanti (in tono derisorio) – “Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: «Sono Figlio di Dio»” (Secondo Matteo, capitolo 27, versetto 43).

Il primo salmista – “Io sono come acqua che si sparge, e tutte le mie ossa sono slogate… Il mio vigore s’inaridisce come terra cotta, e la lingua mi si attacca al palato” (Salmo 22, versetti 14-15).

Gesù – “Ho sete” (Secondo Giovanni, capitolo 19, versetto 28).

Marco – “Uno di loro corse e, dopo aver inzuppato d’aceto una spugna, la pose in cima a una canna e gli diede da bere” (Capitolo 15, versetto 36).

Atto VIII – La morte di Gesù… (Verso le ore 15)

Marco – “All’ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì lamà sabactàni?» che, tradotto, vuol dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Chiama Elia!»” (Capitolo 15, versetti 34-35). “Gesù, emesso un gran grido, rese lo spirito” (Versetto 37).

Il primo salmista – “M’hanno forato le mani e i piedi. Posso contare tutte le mie ossa” (Salmo 22, versetti 16-17).

Il secondo salmista – “Egli [il Signore] preserva tutte le sue ossa; non se ne spezza neanche uno” (Io sono il salmista del Salmo 34, attribuito a Davide, e questo è il versetto 20).

Giovanni – “I soldati dunque vennero e spezzarono le gambe al primo, e poi anche all’altro che era crocifisso con lui; ma giunti a Gesù, lo videro già morto, e non gli spezzarono le gambe” (Capitolo 19, versetti 32-33).

Il secondo Zaccaria – “Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto, e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito” (Capitolo 12, versetto 10).

Giovanni – “Ma uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua” (Capitolo 19, versetto 34).

… e il suo collocamento nella tomba (Fino alle ore 18)

Il Servo sofferente – “Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato con il ricco” (Capitolo 53 del libro di Isaia, versetto 9).

Matteo – “Fattosi sera, venne un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe” (Capitolo 27, versetto 57).

John Shelby Spong – “L’ultimo turno di guardia, dalle 3 alle 6 del pomeriggio, era giunto, per completare il periodo di 24 ore di sorveglianza. È in questo intervallo che Marco inserisce la morte di Gesù. Il personaggio di Giuseppe di Arimatea (un membro eminente del consiglio), che richiede a Pilato di poter prendere il corpo di Gesù, viene introdotto qui per la prima volta nella storia del cristianesimo. Viene quindi preparata la tomba. Il corpo viene avvolto con un lenzuolo di lino e posto nella tomba. Giuseppe di Arimatea fa rotolare una pietra all’entrata della tomba. Tutto questo lavoro viene compiuto prima del calare del sole. Arriviamo così alle ore 18 del venerdì sera. Comincia lo shabbat” (Dal mio libro su Gesù).

Bibliografia italiana

Ove non diversamente indicato
le versioni a testo sono prese da
http://www.laparola.net di Richard Wilson

INR La Nuova riveduta sui testi originali (1994, edizione del 2006), a cura della Società Biblica di Ginevra.

Tags: